La protesta degli agricoltori, tra due interessi apparentemente opposti e una grande opportunità per tutti!
Gli agricoltori scendono in strada, in tutta Europa, a protestare sui trattori, contro una transizione ecologica, già ampiamente edulcorata e paradossalmente, contro l’istituzione che più di ogni altra ne tutela i redditi: l’Ue. Non entro nel marasma politico che questa situazione sta creando in un Paese, come il nostro, populista, e sempre pronto a “tifare” per una squadra o per l’altra, senza mai approfondire nulla, ma è chiaro che sono in parecchi a lisciare il pelo ai milioni di elettori, che di agricoltura vivono.
Tuttavia, credo che alcune considerazioni vadano fatte, in modo obiettivo
In Italia le aziende agricole sono circa 1,1 milioni. Dal 2010, esse sono circa 500 mila in meno. Il 64% di esse, lavorano su appezzamenti di terreno al di sotto o pari a 5 ettari, che è considerata la soglia di sopravvivenza di un’azienda agricola. Il sistema agricolo italiano attuale è uno strano ibrido, dovuto essenzialmente alla conformazione stessa del nostro Paese. Agricoltura industriale nella grande Pianura Padana, ormai super sfruttata e avvelenata da decenni di meccanizzazione, abuso smodato della chimica e impatto degli allevamenti intensivi, altre pianure con coltivazioni monocultura intensive, come in Puglia e una moltitudine di altre aree, votate a vigneti, frutteti, orticole e coltivazioni diversificate.
La nuova Politica Agricola Comune (PAC) prevede lo stanziamento di 386,6 miliardi di euro a favore degli agricoltori europei, per il periodo 2023-27. In questo quadro, è bene considerare che l’80% del ricchissimo budget che la UE spende per la nostra agricoltura, è distribuito al 20% delle aziende (quelle più grandi). Di conseguenza, solo il 20% dei contributi arriva alle aziende minori. E fra queste, vi sono sicuramente quelle che piacciono a me: quelle che producono nel rispetto della natura e dell’ambiente, oltre che della salute dei consumatori. Quelle che sono le vere custodi del territorio e della biodiversità.
La UE, chiede all’agricoltura, di fare la sua parte nella inevitabile transizione ecologica
Lo chiede al settore primario, perchè l’agricoltura e l’allevamento intensivo, sono responsabili di almeno un terzo (quasi quanto le emissioni industriali) delle emissioni serra e degli inquinanti che appestano e fanno ammalare precocemente, di malattie terribili, i cittadini di molte aree europee. E tra queste, casa nostra, la Pianura Padana, è ai vertici della triste graduatoria!
Gli agricoltori che bloccano le strade e i caselli (a proposito, che fine ha fatto il pugno di ferro promesso e mantenuto dal Governo contro i blocchi stradali? Vale solo per i ragazzi che protestavano per ottenere politiche attente al cambiamento climatico e al loro futuro?), sono anch’essi vittime di un sistema che per decenni ha voluto spingerli a produrre di più. Da un lato indebitandosi in chimica e macchinari e dall’altro pompando nel sistema risorse economiche a garanzia di un sistema di filiera, che garantisse grandi quantità di prodotto, a basso o bassissimo costo, alle aziende industriali di trasformazione o alla GDO.
Se pensate che questo sia servito a sostenere la produzione agro alimentare italiana, voglio dirvi che tra gli agricoltori scesi in strada c’è una forte ostilità verso il mondo dell’agroindustria per quello che chiamano l’imbroglio del “Made in Italy”, accusato di essere solo un marchio per vendere prodotti le cui materie prime arrivano da un po’ tutto il mondo.
E’ proprio questo metodo capitalistico di gestire il cibo come merce che ha portato l’agricoltura in questo vicolo cieco. La legge divina della “massimizzazione dei profitti” nei campi si scontra con i grossi limiti imposti dai cicli e dagli eventi naturali. Se si spreme un terreno di ogni suo nutriente e lo si pompa per decenni con prodotti chimici per sostenerne la produttività, e se a ciò si aggiungono i danni del cambiamento climatico, questo diventerà un deserto di polvere. Fatevi un giro nelle nostre campagne e anche se non siete degli esperti, farete presto ad accorgervene.
Tutto questo per produrre sempre di più e ancora di più. A discapito del clima, della bio diversità, della salute e della dignità di uomini e animali e arrivando all’incredibile paradosso, che quasi il 40% di tutto il cibo prodotto, diventa rifiuto perchè sprecato nella filiera dal campo al nostro frigorifero di casa!
Nel frattempo, in base a recenti studi, ci informano che il 60-70% dei terreni in Europa, è in cattive condizioni, in primis per l’abuso di concimi e prodotti chimici. Senza suoli sani, com’è evidente, non può esserci un futuro per l’agricoltura, che deve diventare più sostenibile per poter continuare a vivere e nutrire la popolazione europea.
Allora ben vengano i contributi agli agricoltori custodi del suolo, delle tradizioni, del territorio e della bio diversità
Ben vengano, ad esempio, i contributi a quelle aziende agricole che lasciano incolto almeno il 4 % del territorio per salvaguardare, in queste piccole oasi, ogni forma di vita. E ben vengano anche e soprattutto, prezzi remunerativi per l’agricoltura che offre prodotti di qualità. Non ci possono essere sostenibilità ambientale e economica, se gli agricoltori non vengono adeguatamente remunerati per il loro lavoro e per i loro prodotti.
Ai politici, quelli veri (se ancora esistono) che hanno davvero a cuore il benessere comune, il compito, non di lisciare il pelo a interessi corporativi o strumentalizzazioni di massa, ma di produrre Leggi e Norme per difendere la nostra agricoltura dalla concorrenza di prodotti esteri a basso prezzo e di aumentare il potere d’acquisto della classe media e delle famiglie meno abbienti, redistribuendo l’enorme ricchezza ora concentrata in pochi, gonfissimi, portafogli.
La posta in gioco è alta. Forse molto di più di quello che noi, cittadini medi, possiamo percepire. La transizione ecologica, dopo decenni di follia produttiva, è ora inevitabile, se vogliamo dare un futuro vivibili ai nostri figli e nipoti. Tutti, ma proprio tutti, dovremo adattarci a fare qualche passo indietro, dal tenore di vita egoiste e sprecone degli ultimi 60 anni. Nel nostro quotidiano, possiamo fare qualcosa, premiando con i nostri acquisti, chi fa agricoltura di qualità e non sprecando il cibo.
Dobbiamo trovare il modo, di fare quadrare due interessi che paiono opposti: il reddito degli agricoltori, che quando sono virtuosi sono i primi custodi del suolo, e la transizione verso un’economia e una Società sostenibile. Tra incudine e martello di due interessi, apparentemente opposti e una grande opportunità: quella di gettare le basi di un mondo migliore.
3 thoughts on “L’agricoltura tra incudine e martello”
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